Titolo Equizio

Il Titolo Equizio

Per “TITOLO” si intende l’indirizzo di una casa (o villa) romana adibita al culto dei primi cristiani. Equizio è il presbitero che, agli inizi del IV secolo adattò questa villa romana del III secolo al culto cristiano, usandola anche come abitazione personale (la tradizione vuole che in questo luogo vi fosse anche la dimora di Papa S. Silvestro, a cui poi fu dedicato il Titolo). Si accede attualmente al Titolo scendendo per la scalinata principale, al termine della navata centrale, che immette nella cripta, ristrutturata nel XVII secolo, dopo il ritrovamento delle reliquie dei martiri delle Catacombe di Priscilla (con la presenza di Papi), portate nel IX secolo dal Papa Sergio II. Le reliquie si trovano nel cubo di marmo, decorato con un tondo di porfido, collocato sopra l’altare della cripta. Girando dietro l’altare si può vedere la “Fenestrella confessionis” che indica il punto esatto dove sono conservate le reliquie. A sinistra dell’altare della cripta si apre l’ingresso attuale al Titolo, attraverso una scala fatta costruire nel XVII secolo.

SALA A: al termine della scala, è murata la lapide Cardinale Diomede Carafa (1942-1560), Titolare della Basilica e in basso un resto del probabile scolo piovano della Chiesa. Sulle altre pareti lapide del Carmelitano Fra Elia Barbieri e altri frammenti di lapidi provenienti dagli scavi e dall’antico pavimento della Basilica. SALA B: Alle pareti sono murati frammenti vari risalenti quasi tutti alla Basilica di papa Simmaco (VI secolo), distrutta, perché fatiscente, quando è stata costruita l’attuale Basilica del IX secolo del Papa Sergio II. Si possono vedere alcune transenne marmoree, resti di decorazioni di palme, una colomba, un fregio con il buon Pastore, un embrice (tegola piatta) con il marchio “in nomine Dei” del tempo dell’imperatore d’Oriente Teodorico. Sempre in questa sala vi é il tabernacolo con decorazioni cosmatesche, la guglia della cattedra episcopale, le colonnine che sorreggevano l’altare, sempre della basilica simmachiana e l’affresco bizantino del IX secolo di S’Agnese, che in origine si trovava nella sala H nel grande affresco di Maria con quattro sante. SALA C: all’ingresso vi è l’acquasantiera donata dal Cardinale Carafa, Titolare della Basilica (chiamato “arianensis” perché era nativo di Ariano Irpino); sulla destra una lapide che ricorda il Cardinale Opizio Pallavicini (1632-1700), con la notizia che questa Basilica fu destinata alla raccolta dei fondi per Giovanni Sobieski in occasione della battaglia di Vienna contro i Turchi (1683). Nella stessa parete vi è l’ingresso originario del Titolo, ora murato, che si apriva sulla attuale piazza di S. Martino ai Monti – Via Giovanni Lanza e quindi il Titolo era in corrispondenza della sede stradale e non sotterraneo come appare ora. Questa grande sala originariamente era divisa in due parti: in fondo c’era il giardino, coperto poi nel XIII secolo per la costruzione del monastero a tre piani per i monaci bizantini, chiamati al servizio della Basilica del Cardinale Giacomo Guala Bicchieri (1150-1227), Titolare anche lui della nostra Basilica. Al centro di questo giardino una scala (scoperta nel 1930) che immette in una cavea di almeno cinque stanze (forse magazzini). Nella prima parte della sala vi era un soffitto a volte (crollato il 04 aprile del 1879 per il peso dei soldati piemontesi che vi si erano accampati). Attualmente sul soffio, davanti alla stanza E, è visibile solo una parte del braccio di una grande croce rossa, gemmata, con i tondi dei quattro evangelisti. Sulla parete in fondo è stata sistemata la cattedra episcolale, che si trovava però certamente in altro luogo del titolo(forse nella stanza E). SALA D: importante sulla volta di un “grottesco“, cioè un dipinto col caratteristico colore rosso “pompeiano” a forme geometriche, che decorava la casa primitiva (III secolo). Un altro di questi affreschi, sotto l’arco, è andato quasi completamente perduto, ma si trova il disegno originale nella Biblioteca Vaticana. (E’ importante precisare che nel 1640 il Cardinale Francesco Barberini (1597-1679) fece eseguire al pittore Marco Tullio Montagna (1594-1649) la riproduzione in acquerello di tutti gli affreschi del Titolo, per cui abbiamo la fortuna di poter vedere, per gentile concessione della Biblioteca Vaticana, tutti questi affreschi come erano visibili nel XVII secolo!) Sala E: fuori e dentro questa sala si possono vedere larghe tracce della pavimentazione originale, in mosaico con tessere bianche e nere della villa romana. Papa Simmaco nel VI secolo trasformò questa stanza in Cappella di S.Silvestro, con un grande mosaico che lo rappresentava ai piedi del suddetto Papa. Di questo mosaico restano pochissime tracce. Nel XVII secolo il P.Antonio Filippini (1598-1657), finanziatore della trasformazione della Basilica paleocristiana in barocca ad opera di Filippo Gagliardi (1606-1644), detto “il bizzarro” o “Filippo delle prospettive”, portò il barocco anche in questa cappella: si notano i due “puttini”, la cornice in stucco, la parete con tracce di una suntuosa cappella e le immagini di Costantino (a destra) e di S. Elena (a sinistra). Il Filippini dette anche l’incarico al musaicista vaticano Giovan Battista Calandra (1586-1648) di riportare in alto il mosaico di S. Silvestro, ma, per errore o volutamente, fece riprodurre la Madonna con Papa Silvestro, invece di Papa Silvestro con Papa Simmaco, come era nell’originale. (La figura originale aveva la barba e la benedizione della Madonna è la tipica benedizione papale con tre dita…). Questa immagine fu chiamata “Gaudium Christianorum”. Fece anche aggiungere l’altare sotto il mosaico per valorizzare l’uso di questa cappella, che era raggiungibile direttamente della Basilica soprastante. Sulla parete di sinistra vi è la cassa in legno della prima sepoltura del Cardinale S. Giuseppe Tomasi da Lampedusa (la famiglia principesca del romanzo “Il Gattopardo”), Titolare della nostra Basilica, sepolto, fino al 1972, sotto l’altare a sinistra della sagrestia e poi donato ai Padri Teatini di S. Andrea della Valle. Ora è rimasta una statua in legno con una reliquia. (Durante l’ultima guerra il Titolo veniva usato come rifugio antiaereo: vi sono riportati molti nomi e date tra cui quella del 18/07/1943, data del bombardamento del quartiere di S. Lorenzo. In questa stanza un anonimo ha lasciato questa breve, ma significativa poesia “Ad imperitura memoria – qui le sere di allarmi – passiamo” ). SALA F: gruppo di tegole (embrici) del tempo di Teodorico (una riporta proprio il suo nome), con la curiosa caratteristica di impronte di animali sulle tegole, perché venivano messe ad asciugare per terra. Provengono dal tetto della Basilica di Papa Simmaco; ci sono anche frammenti del pavimento musivo; tracce di affreschi decorativi del III secolo e frammento del IX secolo (Cristo in mezzo a S.Pietro e S.Paolo con un fedele “offerente?”). SALA G: Cappella della Madonna, del IX secolo con soffitto blu stellato e affresco di Maria col Bambino in braccio tra le sante bizantine Irene e Agape: erano tre sorelle di famiglia nobile (notare le collane e i braccialetti) di Tessalonica (Grecia): manca la terza sorella Chiona, non riportata quasi mai nella iconografia. Furono uccise perché nascondevano i Libri Sacri. Questo culto fu portato dai monaci bizantini. Ai lati dell’arco due “modiglioni” che si trovavano all’esterno del tetto absidale. SALA H: Frammenti di affreschi del IX secolo (sulla volta di fronte entrando dalla sala G): Madonna con Bambino con ai lati S. Agata e S. Eufemia (a destra di chi guarda) e S. Cecilia e S. Agnese (quest’ultima si trova però nella sala B). Sulla parete di fronte: Cristo tra i Santi Pietro e Paolo, Processo e Martiniano (secondo la tradizione erano i soldati che custodivano S. Pietro nel carcere Mamertino; furono da lui convertiti e battezzati e poi subirono il martirio). Purtroppo le immagini di S. Pietro e S. Martiniano sono completamente scomparse. Leggermente in basso, a sinistra, la suggestiva immagine del volto di un fanciullo. A destra vi era l’immagine del Papa S. Sisto II, quasi completamente scomparsa. Sull’arco in corrispondenza della sala A: al centro l’Agnello della Apocalisse con i sette sigilli con (a sinistra) S. Giovanni Battista con la scritta “Ecce agnus Dei” e (a destra) S. Giovanni Evangelista con la scritta ” In principio erat Berbum, et Berbum erat apud Deum et Deus erat Berbum” (notare l’errore medievale della B al posto della V). Vi sono poi reperti pagani: tre colonne, capitelli, un sarcofago strigilato con scene di caccia, due busti giovanili (quello di destra dovrebbe essere un “Victimarius”, colui che uccideva gli animali durante i sacrifici, mentre quello di sinistra dovrebbe essere un Apollo, e, per certi riscontri, potrebbe essere una copia dell’Apollo di Kassel) e alcuni frammenti di lapidi tombali. Sulle pareti quattro grandi lapidi di superiori Generali dell’Ordine Carmelitano: Giovanni Battista Rossi (+1577), che appoggiò in Spagna S. Teresa d’Avila nella riforma degli Scalzi, Cristoforo Martignoni (+1481), Nicola Audet (+1562) e Bernardino Landuccio (+1523). Vi è anche la prima lapide della sepoltura del Beato Angelo Paoli (+1720), Padre dei Poveri, sepolto in Basilica. Da notare che dietro la lapide di Cristoforo Martignoni (sotto l’arco che unisce le sale A e H) vi era l’affresco della “leggenda di S. Silvestro” (S. Silvestro che, chiamato a Roma da Costantino, ammansì un dragone che si trovava presso la fonte di Giuturna al foro romano). Di questo affresco è rimasta solo l’immagine della trabeazione triangolare che sovrastava la fonte di Giuturna.

In conclusione possiamo affermare che qui ci troviamo nella zona delle origini della fede Cristiana a Roma: questa era la Regio Tertia di Augusto, caratterizzata dai culti orientali (i templi di Iside e Serapide e vari Mitrei). In questa zona furono convogliati i primi cristiani (forse perchè venivano dall’Oriente). Infatti qui vicino si trovava la villa del Senatore Pudente (Basilica di Santa Pudenziana), che secondo la tradizione ospitò S. Pietro; vi era la diaconia del diacono S. Lorenzo (dove distribuiva i beni ai poveri e dove fu martirizzato (via Panisperna) e la scuola di filosofia del martire S. Giustino (+150) in via Urbana.

I vostri piedi hanno calpestato il suolo dove i primi cristiani di Roma si riunivano per celebrare i Santi Misteri: il vostro cuore, credenti o non, si infiammi per seguirne le orme nella vostra vita.

Basilica Parrocchiale SS. Silvestro e Martino ai Monti – PP. Carmelitani Viale del Monte Oppio, 28 00184 Roma RM www.parrocchiasanmartinoaimonti.it sanmartinoaimonti@libero.it

 

 

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